Cos’è il Trasporto Pubblico? – Articolo di Samantha R. (articolo 006)
Certamente il tema dei mezzi pubblici è un tema molto delicato.
Quando si parla di trasporti si fa riferimento ad una vasta gamma di servizi che si possono semplificare in due grandi aree: trasporti pubblici (aereo, navale, ferroviario e su gomma, come ad esempio gli autobus) e trasporti privati (prevalentemente su gomma per trasporto di persone o merci).
Rispetto ai trasporti pubblici l’articolo 117 della Costituzione, il decreto legislativo 422/97 e il Decreto Legisl.112/98 hanno delegato agli enti locali (Regioni e Comuni) le competenze legislative, amministrative e gestionali: in particolare sono passate alle Regioni tutte le competenze inerenti al servizi di trasporto pubblico locale, ovvero il trasporto aereo, navale e ferroviario che si svolgono all’interno della Regione; mentre lo Stato ha competenza nel caso che questi servizi abbiano carattere nazionale ed internazionale ed in caso di servizi di trasporto di merci pericolose, nocive ed inquinanti.
Il trasporto privato è prevalentemente di competenza statale, poiché si tratta di regolamentare in materia di sicurezza stradale e sulla circolazione veicolare (es. codice della strada, regolamentazione delle patenti) d’interesse più generale allo Stato; alle Regioni sono state invece conferite per esempio, le funzioni di programmazione, progettazione, esecuzione, manutenzione e gestione delle strade non rientranti nella rete autostradale e stradale nazionale.
Se esempio emerge una difficoltà riguardo alla patente il riferimento principale è il Ministero dei trasporti (occorre quindi rivolgersi ai suoi organi periferici, motorizzazioni); mentre se emerge una difficoltà relativa alla manutenzione di una strada il riferimento sono la Regione o la Provincia o gli enti locali delegati.
In materia di servizi di trasporto sia pubblico sia privato sono poi numerosissime le normative di riferimento per la disabilità, volte a consentire il superamento delle barriere e la piena mobilità delle persone con handicap.
Rispetto ai trasporti pubblici si sono istituiti ed attivati, a partire dalla normativa europea, interventi in ambito di trasporto aereo per tutelare i passeggeri con ridotta o impedita capacità motoria; azioni simili si stanno sviluppando per il trasporto navale e per il trasporto su strada.
Normative ed interventi specifici per la disabilità sono rilevabili anche in ambito di trasporto privato con l’introduzione della patente speciale e del contrassegno per gli invalidi civili e di normative relative la riserva di parcheggi ai disabili.
Inoltre a livello mondiale la Convenzione ONU dei diritti delle persone disabili ha sancito l’obbligatorietà del diritto alla mobilità delle persone con handicap.
In materia di mobilità il quadro generale si completa con tutta l’area sulle barriere architettoniche e gli interventi per il loro superamento.
Il trasporto collettivo risulta competitivo rispetto a quello individuale solo per gli spostamenti diretti verso le zone centrali delle maggiori aree urbane. Ha senso allora investire ingenti risorse pubbliche per convincere un ristretto numero di automobilisti a salire sui mezzi pubblici? Forse sarebbe preferibile realizzare infrastrutture stradali sotterranee a pedaggio. Una soluzione più sostenibile in termini di finanza pubblica, vantaggiosa anche per l’ambiente.
La “socialità” dell’attuale politica dei trasporti è quanto meno dubbia. Come ha scritto Marco Ponti: “La gran parte degli utenti del trasporto pubblico sono oggi studenti, anziani, “casalinghe”, impiegati nelle aree centrali distolti dall’uso dell’auto dalla congestione. Queste categorie hanno redditi molto articolati al proprio interno; e certamente non contraddistinguono più le categorie “svantaggiate” sul piano strettamente economico. Le categorie operaie, o del terziario meno remunerato, risiedono e lavorano in aree periferiche ai grandi centri; si muovono dunque non sulle linee radiali, ben servite (e servibili) dal trasporto pubblico, ma lungo percorsi tangenziali periferici, in cui l’uso dell’auto propria non ha alternative. Questi automobilisti di fatto sussidiano, con le loro tasse, i “commuters” che si recano nelle aree centrali, dove le retribuzioni (o i consumi) sono di livello più elevato”
Estendo il caso Svizzera.
1- Una rete ferroviaria e di trasporti urbani efficienti (e conveniente, con un abbonamento generale accessibile praticamente a tutti) ha l’effetto non solo di incentivare notevolmente l’utilizzo del treno, ma favorisce una rete di trasporti merci su rotaia notevolmente più efficiente. Gli italiani che percorrono in auto le autostrade svizzere e del nord Europa notano non tanto un minor traffico automobilistico (solo il 3% in meno in Svizzera secondo l’articolo) ma quanto una notevole minor quota di trasporto merci su gomma (dove sono i camion?). Questo è un effetto accessorio della efficienza della rete ferroviaria, non necessariamente legato all’alta velocità del trasporto passeggeri.
2- In realtà la rete ferroviaria elvetica non può essere estesa ulteriormente perché quasi al limite della sua capacità (fermo restando la qualità e puntualità). Ulteriori incrementi di capacità sono realizzabili solo con grandi e costosissimi progetti (tunnel AlpTransit). 3- Sarebbe interessante valutare l’incidenza percentuale dei trasporti intermodali (auto per raggiungere una stazione periferica, più treno). Un trasporto ferroviario efficiente favorisce anche questo tipo di utilizzo, con conseguente minor incidenza della quota “auto”.
4- Come è stato considerato l’uso dello spostamento a piedi o in bicicletta in ambito urbano e suburbano? Basilea, che gode di un clima identico a quello di Milano, è la capitale svizzera della bicicletta. Numerose infrastrutture (piste ciclabili, parcheggi dedicati) e iniziative hanno l’obiettivo di promuovere l’uso integrato di bici, treno e bus. Non c’è veramente nulla che impedirebbe agli amministratori delle grandi città italiane di realizzare infrastrutture e politiche che incentivino questi metodi di trasporto a emissioni zero. Concosti che sarebbero una frazione rispetto a quelli per i tunnel stradali.
Le realtà urbane sono differenti una dall’altra, sia per gli aspetti urbanistici che produttivi. Portare a sintesi queste realtà è abbastanza complicato. Tunnel, metropolitane, corsie preferenziali ecc. possono servire come esempi da studiare e valutare, ma poi va cercata la soluzione appropriata a quella data realtà. Per le grandi aree metropolitane distribuire i flussi sia verso il centro che verso le periferie significa ripensare le politiche urbanistiche. Oggi i flussi collassano verso il centro di mattina, mentre di sera sono diretti verso le periferie, creando colli di bottiglia inestricabili. Chiudere i centri storici, creare delle corsie ciclabili vere, favorire il car sharing su auto elettriche, attivare semafori “intelligenti”, cioè che fanno trovare sempre il verde ai mezzi pubblici di superficie, sono le politiche che nessuno oggi sembra in grado di sostenere, perché sfidare gli automobilisti pare sia impossibile, eppure ogni tanto pure loro vanno a piedi. Appunto i pedoni. Sono gli ultimi presi in considerazione, salvo pochissime realtà, nelle ristrutturazioni urbane, poi vengono le bici, a seguire i motorini, e tutto e tutti a servizio delle auto.
Per anni non si è puntato sulla gestione dell infrastrutture alternative alla gomma. Ora bisogna correre, ma…Dobbiamo tener conto dell’evoluzione, in Italia, del lavoro e della mobilità. Molte attività potranno essere svolte da casa,senza bisogno di grande spostamenti,quindi dell’uso dell’auto tranne nei grandi centri urbani. Nei centri urbani paghiamo la follia urbanistica; sono state costruite case senza box, risultato congestione del sistema. Una seria politica deve puntare alla realizzazione di linee metropolitane con tempi certi; e lottare contro la sosta selvaggia e in doppia fila. Poi sono necessari i parcheggi.
Le entrate specifiche del settore automobilistico in Italia e negli altri Paesi europei sono all’incirca pari al doppio della spesa pubblica di settore mentre biglietti ed abbonamenti pagati dagli utenti dei trasporti collettivi locali coprono all’incirca un quarto dei costi di produzione. L’inquinamento atmosferico è drasticamente diminuito negli ultimi decenni. Notevoli miglioramenti sono stati ottenuti anche nel campo della sicurezza (il tasso di mortalità del trasporto su gomma è oggi pari a circa un decimo rispetto a quaranta anni fa). Investimenti pubblici volti a modificare la ripartizione modale possono dare un contributo del tutto marginale su entrambi i fronti. Come dimostrano le esperienze di altri Paesi, è invece possibile ottenere ulteriori significativi miglioramenti in termini di sicurezza con una intensificazione dell’attività di controllo e repressione dei comportamenti non conformi alle norme del codice della Strada (la Gran Bretagna ha un livello di traffico stradale analogo a quello italiano ma i morti sulle strade sono inferiori del 40%).
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